Conocchielle: il ciclo del grano, la transumanza

Il grano era seminato a fine Ottobre, e nei primi giorni di Novembre, quando l’autunno inoltrato, diffondeva per le vie l’odore dolce del mosto appena fatto, e le prime brume arricciavano i capelli ed immalinconivano l’animo di noi ragazzi, perché tanti amici e compagni di gioco, figli di pastori, prima che le nevi imbiancassero le vette del Pollino, ci lasciavano, con il cuore gonfio di tristezza e di malinconia, per

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Conochielle. Terreni seminativi

TERRENI SEMINATIVI A CONOCCHIELLE I terreni seminati a grano, a Conocchielle erano moltissimi: alcuni erano nei paraggi del centro abitato, altri erano molto lontani, ed andavano da quota 900 m. (Vignale) a quota 1275 m. (Acquafredda). Alle alte quote non si seminava il frumento di grano, ma la segale, chiamata in dialetto jermana o grano jurmano. La segale cresce bene alle altitudini più elevate, come nella Vena ‘i L’acqua a

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Conocchielle: i tratturi della transumanza

TRATTURO DEL POLLINO: Tempo medio di percorrenza: 2 giorni, 1 notte Periodo dello sverno: da Ottobre-Novembre ad Aprile-Maggio Mezzi di trasporto: asini, muli, cavalli, camion su cui si caricavano le masserizie, il maiale i vecchi ed i bambini Partenza: Conocchielle, Frida, Mezzana, Torre, Varco… Località di stazionamento notturno: quando si saliva in montagna, per l’alpeggio, si trascorreva la notte nella turra di Ndondaredda in località Rinara, nella masseria dei Fischi, e nella zona dei Chiuppi. Quando si scendeva verso la pianura

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Aie e pagghiari nel centro abitato, ed in località Funtanedda

CONOCCHIELLE: AIE, PAGGHIARI , PAGGHIERE, SCARAZZI, IAZZI L’aria era un’area di terreno pianeggiante, spianato o pavimentato, contigua ai fabbricati rurali o fuori dal centro abitato, destinata ad accogliere i prodotti da essiccare, da trebbiare, cernere e sim. Era esposta ai quattro venti per avere una buona ventilazione. Prima della trebbiatura veniva liberata dall’erba con una zappetta, facendo attenzione a non creare buche nel terreno, poteva anche essere bagnata e battuta

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La gente del Pollino a Policoro nel 1° Cinquantennio del 1900

Molta gente del Pollino svernava nel feudo di Policoro, appartenuto alla famiglia dei Principi Gerace. Il feudo Fu acquistato il 2 Maggio 1893 dal barone Luigi Berlingieri di Crotone per 3.400.000 lire e fu poi ceduto al nipote Giulio Berlingieri. Al centro del feudo c’era il Castello baronale costruito nell’ anno 1000 come fortezza; dal 1600 fu utilizzato come monastero dai gesuiti, dalla seconda metà del 1700, scacciati i gesuiti dal re Ferdinando di Borbone, divenne una residenza

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L’aldilà: Tatà, Sciushco e la fiammella

Questo racconto a sfondo animistico riguarda mio padre Nicola Propato e suo zio Antonio Maratea, detto Sciushco, che perse il suo unico figlio Vincenzo, forse, per difterite all’età di 18 anni. Nella guerra del 40 la miseria, la fame arrivarono anche nelle nostre contrade. L’approvvigionamento del cibo e di materie prime avveniva di notte con muli, cavalli ed asini, che raggiungevano i paesi vicini, oppure attraverso la scala di Gaudolino

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Conocchielle: pratiche magiche domestiche

1) U MAL’ I L’ARCH (la malattia dell’arcobaleno) Era la malattia dell’arcobaleno. Chi faceva la pipì all’aperto quando c’era l’arcobaleno, la sua pelle si colorava di giallo, diventava itterica. Bisognava salutare l’arcobaleno quando si pisciava all’aperto, (nella mia infanzia tutti pisciavamo all’aperto, non c’erano i servizi igienici nelle case) per evitare di ammalarsi di ittero. Per scaramanzia si recitava una formuletta “magica”  quando si faceva la pipì  guardando l’arcobaleno: ” Arco bello ti saluto,

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L’aldilà: Zu Matteo i “Ginnirali” e Marcazzozzo

Zu Matteo i “Ginnirali” , padre dell’avvocato Pippinuzzo Rizzo e di Maria, era un usciere comunale, un giorno si recò in c/da Frida a casa di Antonio Fiore, la cui moglie Rosa De Angelis portava il soprannome del padre, detto “Marcazzozzo“, che era morto molto tempo addietro. Zio Matteo fu accolto con cordialità dalla famiglia Fiore, mangiò e dormì a Frida, a casa loro e godette della generosa ospitalità. A

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Za Rosa ‘a “Strampalata”e la grande testa

Za Rosa ‘a “Strampalata” con il marito Francesco svernavano, ogni anno,, assieme alla loro famiglia, nella Marina di Policoro: mondavano il grano, raccoglievano le olive, tagliavano la legna presso le masserie, i feudi dei latifondisti, dei baroni. Una sera, in località Recoleta, mentre za Rosa rassettava sommariamente la casa, al termine di una faticosa giornata di lavoro, sentì bussare ripetutamente alla porta; ritardò un po’, non aprì subito l’uscio, perchè

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