“Affascina” e “magarie” nel villaggio delle favole
Prologo al mondo magico di Conocchielle
“Sutt’acqua e sutta vient pa nucara ‘i malivient”: si dice che le streghe celebrassero il loro Sabba, vale a dire il loro incontro settimanale notturno, sotto le fronde del gran noce di Benevento in Campania. Le streghe si riunivano indipendentemente dalle condizioni atmosferiche, il vento e la pioggia non ostacolavano l’incontro.
“L’AFFASCINA” lat. Fascinum, in italiano Fascinazione, malocchio, legatura appartiene ad una magia minore, si può fare e si può ricevere.
Quando si riceve l’affascina, si è “affascinati”, si riceve una malìa, in pratica, un maleficio, un’influenza malefica voluta da qualcuno che vuole arrecare male alla persona affascinata o alle sue cose, ovverosia, procurarle una malattia, una sventura, la fine di un amore o di un matrimonio, un disastro economico, la morte dei suoi animali, contrarietà varie.
Il maleficio può cagionare problemi seri di salute o di altra natura, ma non la morte di una persona affascinata. Spesso la vittima lamenta malanni minori come il mal di testa, stanchezza, inappetenza, dimagrimento, alterazioni del tono dell’umore, depressione.
Quando si va a rimuovere ” l’affascina”, significa che si va da chi ha il potere di togliere il maleficio, ,
Togliere il maleficio con delle formule magiche non è da tutti. Questo potere è esercitato da poche persone, iniziate agli insegnamenti magici e può essere trasferito ad un’altra persona solo nella notte della vigilia di Natale. La formula magica che toglie l’affascina è una vera preghiera, comprende il Paternostro, più di un’Avemaria e qualche altra invocazione alla divinità ed ai santi.
La formula può anche essere una preghiera unica. Il potere della formula svanisce e non è più capace di togliere il maleficio se viene portata a conoscenza d’altre persone . La formula magica con il relativo rituale può essere rivelata, insegnata ad altre persone solo nella notte della vigilia di Natale, ma per essere valida deve essere recitata la prima volta durante la messa di una Domenica successiva al giorno di Natale.
A mo’ di esempio riporto la formula magica apotropaica recitata a Teana per togliere l’affascina: “tre persone t’hanno affascinato, ‘u cigghiu, ‘u maluocchiu e la mala volontà, tre persone t’hanna sfascinà, ‘u cigghiu, ‘u maluocchiu e la mala nicutà”; la formula veniva preceduta dal segno della croce, andava recitata per nove volte di seguito e si doveva concludere con il Paternostro, si recitava l’Avemaria ogni volta che si ripeteva la formula. Se l’affascina veniva da una donna, la magara sbadigliava durante la recita dell’Avemaria, se veniva da un uomo, sbadigliava durante la recita del Paternostro.
La rimozione del maleficio, dell’affascina, può essere richiesta direttamente dalla persona affascinata, oppure può essere richiesta da un parente, da un amico che si reca da chi ha il potere di togliere, sempre gratuitamente, il malocchio portando un oggetto che l’affascinato ha toccato o ha indossato, ad esempio un fazzoletto, una maglietta, una ciocca di capelli, oppure citando solo il suo nome. Dunque alla presenza diretta dell’affascinato o di un suo oggetto, la fattucchiera recita la formula di rito e incomincia a lacrimare, a sbadigliare, a ruttare rumorosamente e ripetutamente se si tratta veramente di affascina e non di un semplice malanno. Il disturbo legato all’affascina che è, ad esempio, il mal di testa, a conclusione di questo rito, scompare. In altre contrade, lontane dalla valle di Frido e da Conocchielle, la vittima del maleficio si lava la faccia dopo essere stata slegata, liberata dal malocchio.
Se l’affascinato non è stato colpito di recente dal maleficio, cioè ha “dormito con l’affascina”, o se l’affascina è molto forte ci può essere bisogno di più esperti di magia per slegarla
Altra difficoltà può presentarsi per rimuovere un’affascina ferrata che deve essere slegata dalla fattucchiera tenendo in mano un oggetto di ferro, un coltello, delle forbici, in conseguenza del fatto che l’autore del maleficio, ha colpito la vittima tenendo in mano un pezzo di ferro; probabilmente da qui il detto: “Ferro scaccia ferro”.
La fattucchiera affetta da cefalea non è in grado di togliere l’affascina.
Chi può affascinare una persona e procurarle un maleficio ? la fattucchiera, ma anche persone comuni, tutti hanno potere su tutti. Il maleficio passa attraverso il vizio capitale dell’invidia: è questo un sentimento di rancore, d’astio per la fortuna, la felicità o le qualità altrui, spesso unito al desiderio che tutto ciò si trasformi in male per l’invidiato. Questo potere è di tutti, però nell’ ambito di una magia, che possiamo dire, minore. Non appartiene solo alla fattucchiera; l’invidia per un’altra persona non è di per sé “affascina”, diventa tale, quando oltre ad invidiare, ad esempio, la bellezza di una ragazza che ci passa davanti, desideriamo che lei si ammali e che diventi brutta, e perda il suo fascino. L’invidia, dunque, che diventa cattiveria, fa male e può affascinare.
La “MAGARIA” , La “Fattura”
E’ un maleficio di una magia maggiore o di una magia nera e può arrivare alla morte di una persona, ed è di competenza del magaro (mago) o della magara (Maga, megera) che hanno il potere di toglierla e di crearla alle vittime della magia. La figura della magara s’identificava spesso, nelle nostre contrade dell’alta Valle del Frido, con quella della zingara che esercitava anche l’arte della predizione del futuro leggendo la mano. Il suo vaticinio era particolarmente temuto anche in virtù del potere ipnotico che si riconosceva alla magara. Potere che si poteva manifestare anche durante il colloquio con la vittima che veniva ridotta ad uno stato simile al sonno ed era così alla mercé della magara. Nel comune di Viggianello, nella frazione Pantana, viveva Zu Vicienzo u Magaro, che ha esercitato per anni e con successo l’arte magica
Gli zingari ritenuti esperti di magarie e di chiromanzia , popolo nomade presente fino agli anni 60, nei nostri borghi, guardato con diffidenza perché ritenuto, spesso, autore di furti e di malefatte e persino responsabile della scomparsa di bambini, percorreva, quasi quotidianamente, specialmente nella bella stagione, le strade polverose dei villaggi montani e usava i nostri pagliai per trascorrervi la notte; viveva d’attività lavorative saltuarie o pìù di rado specializzate, lavorava il rame, il ferro e lo zinco, costruiva con perizia e stagnava recipienti di latta e di rame della famiglia contadina , la sicchia ed i grandi “càccui[1] “ a forma di clessidra, che i pastori usavano per la cagliata.
Gli zingari praticavano anche l’allevamento e la compravendita di cavalli e somari ed erano ritenuti responsabili, spesso, di furti di bestiame che facevano con destrezza per la gran familiarità e professionalità che avevano con gli animali che montavano con eleganza ed a cui, si diceva, parlavano nelle orecchie e guardavano fissi negli occhi, ipnotizzandoli. Gli zingari non svolgevano lavori sedentari, né lavori agricoli, ed in genere, aborrivano i lavori pesanti. Da qui il pregiudizio verso di loro ritenuti sfaccendati ed oziosi. Un modo di dire entrato ormai nell’uso sintetizza questo concetto: “ N’hai mai vist’ zingari meti ?! “ (hai mai visto zingari mietere?! )
La prestazione magica della fattura, in questi casi, segue rituali diversi rispetto alla semplice affascina e si avvale anche d’oggetti, ad esempio, di bambolotti di pezza, di cera, di paglia che vengono trafitti con spilli, di ciuffi di capelli che spesso la vittima trova sotto il cuscino. La persona colpita da maleficio avverte dolore nel punto in cui il bambolotto è trafitto dagli spilli metallici da parte del magaro/a.
I rimedi apotropaici per togliere la fattura sono innumerevoli e fantasiosi; si va dalla formula magica recitata dal magaro, anche questa, frutto di un connubio di preghiere e d’invocazioni pagane, a consigli da mettere in pratica nell’ambito domestico: il sale che deve essere cosparso nella propria abitazione, intrugli da bere di pessimo gusto, spilli dentro un fazzoletto, spicchi d’aglio ed altro fanno parte di questo cerimoniale magico. Altre volte si fanno portare al collo dei sacchetti d’erba secca, si fa bruciare su un braciere l’incenso e lo si diffonde in tutti gli angoli della casa per tre sere di seguito portandolo a mo’ di turibolo.
Dopo essere stata slegata, liberata dalla fattura la vittima deve recarsi, la sera tarda, ad un crocevia e buttare dell’acqua per terra quando non passa gente, in modo che nessuno la possa recuperare; così facendo il maleficio si estingue e non colpisce altre persone. E’ questa una concezione di tipo animistico che si riscontra nei popoli asiatici, africani, in Oceania, secondo cui lo spirito maligno causa di malattia, ad esempio, di un arto, deve essere allontanato di notte andando a seppellire l’arto ammalato fuori dal villaggio, affinché non sia possibile allo spirito di individuare la strada di casa e procurare altre malattie nello stesso individuo od in altri membri della comunità.
Un filtro amoroso può essere fatto anche con sangue mestruale che all’insaputa è propinato al giovanotto che non corrisponde ai sentimenti d’amore della spasimante. Il racconto di un mio infermiere conferma per sua esperienza diretta che queste cose accadevano in un passato a noi vicino. GINO aveva circa 15 anni negli anni sessanta, un giorno, ricorda che fu invitato a casa da due signorine in C/da Poiarelli nel comune di Tortora, e gli fu offerto un caffè che lui bevve con gusto.
Dopo poco, sulla strada del ritorno, incominciò a sentirsi male, avvertì un calore intenso in tutto il corpo ed una gran confusione mentale, simile ad un’ubriacatura violenta ed improvvisa, che lo costrinse a chiedere aiuto a casa dello zio che, dopo averlo ascoltato, si adoperò per scacciare quella che a suo giudizio era ritenuta una fattura, un filtro d’amore propinato al nipote con la tazzina di caffè[2]. Chiuse Gino dentro una stanza dandogli un coltello da tenere in mano e raccomandandogli di non uscire; dotatosi anch’ egli di un altro coltello e stando fuori della stanza, incominciò, in preda ad una grande agitazione, a proferire parole che uscivano dalle labbra con difficoltà perché in contemporanea, morsicava il coltello che tratteneva tra i denti. Dopo qualche minuto tutto finì, passarono all’improvviso gli effetti della sbornia magica, il calore cessò, e Gino uscì perfettamente ristabilito dalla stanza, grazie al rito magico dello zio che aveva sciolto la fattura.
Magaro/a non si nasce si diventa; il potere magico non si può trasmettere, non è ereditario, è esercitato spesso da persone adulte, per cui è da pensare che non sia trasmesso geneticamente, ma è l’ambiente con i suoi i pregiudizi, l’iniziativa, la furbizia, una vocazione propria del magaro che creano questo potere. Lo sciamano nelle religioni siberiane e nord-americane detiene poteri simili ed è un personaggio carismatico e importantissimo, intorno al quale si sviluppa l’universo magico e spirituale d’intere comunità; compito dello sciamano è quello di purificare se stesso e la propria comunità dalle influenze nefaste.
A questo ruolo benefico che lo porta a diventare via maestra per la canalizzazione e la mediazione degli influssi nel verso giusto, si contrappone un altro ruolo, malefico che consiste nella deviazione e nell’inversione degli influssi benefici. Lo sciamano come il magaro è un operatore del magico e della medicina.
Il potere magico, per quanto riguarda la Malattia è complementare ed alcune volte sostitutivo a quello medico. L’atto magico non ha bisogno di indagini strumentali, di cure farmacologiche, non porta l’ammalato lontano dalla sua casa, dai propri affetti, dai suoi odori e profumi. Solo per questi motivi alcune malattie, specialmente quelle psichiche o psicosomatiche, ma anche altre di carattere organico o tumorale che necessitano per la guarigione di uno stato di tranquillità, di serenità che solo le mura domestiche possono dare, trovano giovamento nell’arte magica del magaro.
Lo stato di benessere, l’assenza di stimoli ambientali nocivi, finalizza la risposta di stress e probabilmente stimola il sistema immunitario ed altri organi o apparati ad agire contro la noxa patogena psichica ed organica. I profumi, gli odori, che stanno alla base dell’aromaterapia possono influenzare le nostre risposte neurovegetative e concorrere a creare uno stato di benessere. Tutto ciò può essere favorito dal proprio ambiente e può essere dissipato dal ricovero asettico, anonimo, cupo, in una struttura ospedaliera.
Si può affermare, dunque, che il magaro “cura” la persona più che la malattia del singolo organo e pone l’ammalato in equilibrio con il suo ambiente da cui attinge energie positive utili alla sua guarigione. Altro fattore, che può giustificare la riuscita nella cura delle malattie da parte del magaro, è la “terapia del tempo”. Molte patologie, specie quelle d’origine reumatiche, meteoropatiche, arrivano a guarigione con il passare del tempo, si estinguono o regrediscono spontaneamente, in rapporto alla temperatura, all’umidità, alla pressione, al cibo… al trascorrere del tempo.
Il magaro conosce e utilizza la “cronoterapia” e ne ricava un potere che di magico ha poco.
Magaro/a si diventa affermano altri, perché prima di morire il potere magico dello sciamano deve essere trasmesso ad altri, ad un familiare, ad un conoscente con una stretta di mano, quasi a volere dimostrare la sua immortalità. Questo potere è temuto e rifiutato da tutti, perché spesso è un potere malefico, perciò al magaro sul letto di morte non si dà mai la mano, ma si allunga un bastone che poi è gettato lontano da casa.
L’arte magica del magaro/a è esercitata apparentemente in modo gratuito. In effetti, non è chiesto un compenso in denaro, ma non si rifiutano regali d’ogni tipo. Chi è che può peccare d’ingratitudine verso il Magaro ed inimicarselo? Nessuno. Non tutti i magari sono benestanti, alcuni agiscono per vocazione e vivono in povertà e preghiera, in luoghi spesso isolati, come eremiti; altri realizzano utili abbondanti che lasciano in eredità ai propri familiari.
La gravudija è una sensazione di peso, di costrizione a livello toracico accompagnata da ambascia respiratoria, che si manifesta di notte e sarebbe data dalla presenza del corpo di un bambino morto, non battezzato che decombe sul torace della vittima.Gli spiriti di questi bimbi morti sono dispettosi, irrequieti. Alcuni pensano che il disturbo sarebbe dato da un folletto dispettoso vestito da monachicchio, che si divertirebbe, sempre di notte anche a nascondere i neonati sotto il letto, nel camino
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[1] Il caccuo è un recipiente a sezione cilindrica di circa 60-70 cm di altezza , con l’apertura circolare orizzontale, a metà altezza il suo diametro diminuisce, determinando una strozzatura a clessidra, serve per la cagliata che viene lavorata a fuoco lento. La sicchia è un recipiente con il manico, a sezione cilindrica, ma con l’apertura obliqua a fischietto, viene usata dal pastore per raccogliere il latte munto e per versarlo nel caccuo, non si mette sul fuoco.
[2] Per evitare di restare vittime di fatture o di filtri amorosi che sono propinati con bevande contaminate da sostanze magiche, si raccomanda di non trangugiare tutto il contenuto, ma di lasciarne un po’ nel fondo del recipiente, dove si annida il maleficio