Nonna Rosa Fiore e la bella signora

Antefatto:

Mia nonna materna, Rosa Fiore, rimase orfana in giovanissima età, la mamma era una bella donna, si chiamava Mariangela Viceconte, e proveniva dalla frazione Mezzana Torre, morì di Spagnola, una pandemia influenzale che causò milioni di morti tra il 1918 ed il 1920.

Suo padre Peppe Fiore, dopo la morte della moglie, convisse per molti anni con Gallicchio Francesca, chiamata Ncicca, moglie di Giovanni Faillace, morto nella Grande Guerra del 15-18, e madre di quattro figli: Rocco, Gennaro, Giovanni e Carmine, avuti tutti dal primo matrimonio.

Il fatto:

Nonna Rosa, orfana di mamma, abitava con il padre Giuseppe e con gli altri fratelli a Conocchielle, in via Cammaruozzi. Una sera di fine Agosto, mentre erano in attesa di nanna Ncicca, che doveva aiutarli a fare le “nzerte” di peperoni rossi, fu mandata dal padre a chiamare una vicina di casa, cumma Maria a Carcazanca, che abitava a qualche centinaio di metri dalla loro abitazione . La strada resa stretta dai rovi, si vestiva a sera d’ombre incerte ed echeggiava dei suoni lugubri ed inquietanti delle civette e dei gufi e metteva paura alla bambina, che rifiutò di andare a chiamare la comara, che doveva dare una mano, ad infilare i peperoni con lo spago montato nella cruna di un grosso ago da materassaio.

Il padre, allora, la minacciò e la costrinse ad ubbidire; suo malgrado, la bimba impaurita, s’incamminò con passo veloce verso la casa della vicina. Giunta a metà strada scorse all’improvviso una bella signora sotto una quercia frondosa, che con la sua grande chioma ombreggiava il passaggio e lo rendeva appena visibile.

Era vestita con un abito elegante di colore marrone, portava al collo una lunga sciarpa ed aveva una espressione del viso dolce e familiare, quella presenza non impaurì la bambina, al contrario, la tranquillizzò. Si guardarono entrambe con intensità, e per pochi attimi godettero di quell’incontro. Poco dopo la bambina interruppe, con un sonoro e deciso “uhèee” quel breve colloquio, fatto solo di sguardi, e battendo energicamente al suolo il tacco della scarpa, ricominciò a camminare con passi affrettati. All’improvviso l’immagine dolce e familiare della signora si sciolse nell’aria leggera della sera e scomparve.

Rosa, ritornata a casa, fu redarguita aspramente dal padre, a causa del ritardo che fece; ascoltò e stette per qualche attimo in silenzio e poi, non riuscendo a tenere segreto quello strano ma bellissimo incontro, anzi avvertendo la voglia di partecipare al genitore quella sua esperienza, gli riferì con calma e con candida innocenza di quella visione. Descrisse nei dettagli il colore degli abiti della signora, della sciarpa, dei capelli, della forma del viso, del suo sguardo.

Il padre rimase attonito, quel racconto lo turbò molto, e lentamente le lacrime incominciarono a rigare il suo viso; si avvicinò alla figlia, e abbracciandola forte forte, le disse: “Rosa, oggi hai avuto la gioia, il privilegio di conoscere una persona particolare, seppure per pochi attimi hai guardato negli occhi di una persona a te sconosciuta, ma che ti ha tanto amata, quella bella signora era tua madre”.

Il padre dalla descrizione fatta dalla figlia, capì che quella era la visione della moglie, morta anni addietro: il vestito marrone con la sciarpa era quello che la donna indossava nei giorni di festa.