Aie e pagghiari nel centro abitato, ed in località Funtanedda

CONOCCHIELLE: AIE, PAGGHIARI , PAGGHIERE, SCARAZZI, IAZZI

L’aria era un’area di terreno pianeggiante, spianato o pavimentato, contigua ai fabbricati rurali o fuori dal centro abitato, destinata ad accogliere i prodotti da essiccare, da trebbiare, cernere e sim. Era esposta ai quattro venti per avere una buona ventilazione. Prima della trebbiatura veniva liberata dall’erba con una zappetta, facendo attenzione a non creare buche nel terreno, poteva anche essere bagnata e battuta per livellare e compattare al massimo la sua superficie.

A Conocchielle c’erano molte arie (aie) nel centro abitato, altre erano ubicate al di fuori della Contrada, in località Funtanedda e circondavano il pagghiaro e la pagghiera, che erano delle costruzioni rurali in pietra, dove trovavano sistemazione le bestie e la paglia.

Il Pagghiaro era un ricovero notturno, costruito in pietra, coperto da ceramili, all’interno del quale gli animali bovini, ovini venivano chiusi a chiave, la pagghiera ubicata in genere nel piano al di sopra del pagghiaro e sempre sotto il livello dell’aia, era un deposito dove la paglia veniva spinta con forconi di legno e conservata per l’inverno. Antistante al pagghiaro c’era la mandra o nantijazzo che era un recinto all’aperto dove gli animali potevano riposare di giorno o a sera in attesa della mungitura, e della conta, che veniva fatta ogni sera. La mandra era delimitata dal sipalo recinzione formata da rovi ed arbusti di salice selvatico, qualche paletto di legno con del filo spinato rinforzava spesso il sipalo.

Pagghiaro di cumpa Peppe u “Nivuru”

Nella foto in alto a dx si vede il Pagghiaro con il piccolo pollaio di cumpa Peppe Gallicchio u Nivuro, con sopra la pagghiera dove si stivava la paglia. Davanti al pagghiaro c’era una grande mandra dove di notte, nella stagione calda, trovavano ricovero le pecore. A guardia del gregge c’erano dei grossi cani meticci dal pelo lungo, che giacevano all’esterno dell’ovile, sulla strada comunale. Nella mia infanzia ho avuto la fortuna di avere Argo, un bellissimo cane tipo maremmano, ma con pelo rossiccio, che ha vissuto con noi x 20 anni, era figlio di “Sintinella” e di un altro cane meticcio di cumpa Peppe. Sintinella entrò nella nostra famiglia perchè seguì una pecora che cumpa Peppe Gallicchio vendette a mio padre. Quella pecora venne dopo qualche tempo macellata, il suo vello (pedda i piecura) steso all’aria aperta ad asciugare, fu sorvegliato, protetto per giorni e notti dal cane, fino a quando mio padre non lo vendette. I velli delle pecore, delle capre erano richiesti dal mercato, dalle aziende del pellame, per la produzione di scarpe, borse, giacche ed altro.

La Pagghiera: era anche una costruzione rurale, non sempre ubicata all’interno del pagghiaro, costruita con pareti di tavole e tetto in lamiera, utilizzata per stivare la paglia

Il letame veniva concesso agli abitanti della nostra contrada, a parziale compensazione del pascolo che era fatto dal pastore, su terreni altrui. Anche il formaggio e la ricotta servivano al pastore ad acquistare, in modo forfetario, il pascolo, su terreni privati, per il proprio gregge. il divieto al pascolo non autorizzato, era reso manifesto, dal proprietario del fondo, con rami di salice (Ramagghia) infissi al centro del prato. Dove c’era la ramagghia non si pascolava, i pastori che non rispettavano il divieto venivano “portati da Rasedda” (erano querelati dal proprietario del fondo per pascolo abusivo, tramite l’avvocato Rasedda di S. Severino Lucano)

Spesso, i due sostantivi, jacina e mandra, erano usati come sinonimi ed assumevano il significato generico di ricovero all’aperto per gli animali.

Pagghiaro di Mberto Caputo “U Riggino

Anche il sostantivo Scarazzo veniva usato come sinonimo di Pagghiaro; in verità, il primo indica un ricovero notturno per animali, con muri in pietra e tetto di ceramili, ubicato, in genere, fuori dal centro urbano e sprovvisto di un piano rialzato, utilizzato per stivare la paglia, come la pagghiera; il pagghiaro è uno scarazzo con la pagghiera. Entrambi i fabbricati rurali erano completati dalla jacina. Zio Vincenzo Gallicchio “Ciccillo” costruiva il tetto del suo Pagghiaro con fasci di di giunchi, la serratura della porta, dei cancelli ove trovavano ricovero gli animali era fatta di legno, che era lavorato con il coltello

Nelle iacine recinti all’aperto , diurni e notturni, delimitati dalle shcune , ubicati nel centro urbano, si accumulava il letame, che veniva, ogni 2-3 giorni, raccolto ed utilizzato per concimare gli orti.

Iazzo: indica una costruzione -porcile- in area urbana, in pietra o cemento con antistante spazio recintato all’aperto –nantiiazzo– dove veniva allevato il maiale , indica anche un ricovero in pietra -stazzo- con tetto ad una sola falda inclinata, fatto di ceramili, oppure di fasci di giunchi, di pietre sottili e piatte o di lamiere, con antistante mandra , ubicato fuori dal centro abitato, dove d’estate trovavano ricovero notturno le greggi . Lo stazzo poteva anche indicare solo un ricovero estivo, all’aperto per le greggi

Zimma: E’ sinonimo di Iazzo, porcile, indicava un ricovero stretto, angusto in cui si allevava il maiale

zachn’: spazio ristretto all’interno dello stazzo, delimitato da sckune (tavole) o da rami di salice intrecciati, ove venivano isolati gli agnelli, i capretti.

AIE NEL CENTRO ABITATO

a) In via Rauta:

  • L’aria di Tornaialo, si trovava dietro la casa di Nicola Valente ‘u tornaialo , era circondata da piante di agrifoglio, da un grande noce ed aveva un’ottima esposizione ai venti, era molto panoramica; c’era anche
  • L’aria dei Caioni era poco esposta al vento, solo il lato ovest che guardava la Serra permetteva l’arrivo del vento, era circondata dalla casa e dal concimaio di Ciminelli Agostino, dalla casa di Faillace Gennaro, dalla pagghiera di Ciminelli Vincenzo. Alcune piante di grumaro assicuravano con la loro ombra un poco di refrigerio nelle calde giornate estive.

b) vicino alla Piazzetta della cantina:

  • L’aria di Ciccilli , era ubicata nella stradina dei Pagghiari di Ciccilli , nelle vicinanze della cantina di zu Ruocco La Camera, non era molto grande aveva un lato delimitato dai pagghiari dei Ciccilli, un lato dal pagghiaro di Pippino ‘u Nivuro, ed un altro lato dal pagghiaro con annessa jacìna di zu Vicienzo Gallicchio detto Caramba, il tetto del pagghiaro, come già è stato detto, era fatto con fasci di giunchi. Ai lati della jacina c’era una grande pirara viscigghia, un salice, un ciliegio, un melo

c) In Via Quarto:

  • L’aria e la casa du Monaco ubicate sopra la casa di Zia Elvira Faillace, a pochi metri dalla casa e dal pagghiaro di Pidalisi, era esposta bene ai venti, nelle vicinanze c’era un grosso ciliegio.

d) Via Cammaruozzi:

  • L’aria dei fratelli Giuseppe e Francesco Monti era molto grande, e ben ventilata. Era ubicata sul lato sx della irta stradina che porta alla casa di Umberto Caputo u Riggino, di fronte alla casa di Ciminelli Nicola ed a quella dei Fratelli Monti suddetti.
  • L’aria di Umberto u Riggino era ubicata nel terreno sopra la sua cibbia, a circa 100 metri dalla sua abitazione, sul lato dx della stradina che porta alla casa di Zu Giuvanni ‘i Giuvannicchi.
  • Salendo per la stradina che passa davanti alla casa di Umberto u Riggino, sul lato sx, prima della casa di za Cuncetta e di zu Giuvannu ‘i Giuvannicchio, c’è la piccola aria di zu Gustino ‘a Pantanisa, è delimitata ora da filo spinato inchiodato a paletti di legno infissi nel terreno. Quella è la zona di l’Uortu ‘u Ciuotu. Di fronte alla casa di za Cuncetta, su lato dx della stradina c’è il rudere di quella che fu una bella casa a due piani, con scala in legno e pavimento di mattonelle di Zu Liunu ‘i Rubino, ci ha abitato per qualche anno anche il figlio Nicola, sposato con Rina, la figlia di zu Peppe ‘i Ruocco.

AIE FUORI DAL CENTRO ABITATO IN VIA FUNTANEDDA

Planimetria dei Pagghiari
Pagghiaro di Pidalisi
  • Aia di Francisco La Camera u Masssaro, situata nelle vicinanze del Partituro dell’acqua di Macchi i Vracchi, nel terreno soprastante al serbatoio dell’acqua
  • Aia di Antonio Curriolo Gallicchio, ubicata sul lato sx del crocevia della Funtanedda con via Gallicchi, è spostata di circa 100 metri verso Ovest rispetto a quella di Zu Franciscu u Massaro
  • Aia di Francesco Faillace (proprietario del dopolavoro) e poi di “Puntiddo”La Camera Antonio, il pagghiaro e la pagghiera sono scomparsi, nelle vicinanze dell’aia ci sono due grossi salici selvatici, uno è posto a confine con il terreno soprastante di Capisci La Camera Vincenzo.
  • Aia di Vincenzo La Camera Capisci padre e poi figlio, è situata a qualche decina di metri da quella di Puntiddo nell’ampia piana, di circa tre tummuli, di Capisci. Il pagghiaro e la pagghiera sono scomparsi, l’aia era ubicata dapprima nelle vicinanze dell’aia di Puntiddo, in seguito a causa della scarsa ventilazione venne spostata verso Est.
  • Aia di Pidaliso Francesco La Camera, padre di Giovanni Pidaliso e nonno di Minicuccio Pidaliso, antistante al rudere del pagghiaro c’è la mandra o nantijazzo, uno spazio aperto circondato dal sipalo che era una recinzione fatta di rovi, di arbusti di salice selvatico e di qualche paletto di legno con filo spinato, vicino al lato est del pagghiaro c’era e c’è un grosso albero di salice selvatico.
  • Aia di Federico e di suo fratello Nicola i Ncicchi padre di Za Pippina, c’è solo l’aia, non ci sono tracce del pagghiaro e della pagghiera. Le aie in verità erano due, una per ogni fratello
  • Aia di La Camera Vincenzo Carcazanch’, è posta ad Ovest a circa 100 metri dal Pagghiaro di Pidaliso, c’è ancora il rudere del pagghiaro.
  • Aia di Lo Duca Giovanni Menzaredda, situata ad Ovest a circa 20 metri dal pagghiaro di Carcazanch’, c’è ancora il rudere del pagghiaro.

per visionare la galleria con le foto dei pagghiari della Funtanedda cliccare sul Link: https://biagio.propato.org/aie-e-pagghiari-in-localita-funtanedda/