La Levatrice

Levatrice/sf.il sostantivo usato per indicare l’ostetrica, prima dell’arrivo nelle nostre case della macchina lavabiancheria, era lavatrice. In seguito per evitare fraintendimenti con la macchina, si affermò il sostantivo levatrice ad indicare l’ostetrica e non più lavatrice

la Mammana, era una praticona senza titoli con funzioni di ostetrica che aiutava le donne a partorire nelle proprie case. Quasi Tutti i bambini nelle nostre campagne della valle del Frido fino agli anni 70 nascevano con l’aiuto della mammana, non c’era il medico specialista e spesso neanche l’ostetrica. Nei casi complicati venivano chiamati, con dubbia efficacia e competenza, il medico di famiglia dr Carmine De Salvo, oppure il medico dentista don Raffaele, che abitavano a San Severino Lucano, ma a volte, nei parti con distocia dinamica e/o meccanica, il bambino rimaneva bloccato nel canale del parto, ne conseguiva la morte del nascituro ed anche della madre.

La Mastancincia

Anche il dr. Caporale Vincenzo interveniva qualche volta nella gestione dei parti nel nostro comune. La mammana a Conocchielle negli anni 50 e 60 era la mia bisnonna materna Gallicchio Francesca madre di 6 figli (n. 10/04/1885 m. 26/03/1978), quella dei primi anni del 900 era la Mastancincia

Problemi emorragici gravi legati ad atonia uterina, rottura dell’utero, accretio  placentare, lacerazioni genitali, disturbi della coagulazione , ed altre patologie come la sepsi, la  gestosi e le tromboembolie potevano complicare il parto.

Ricordo due episodi  che  si verificarono a Conocchielle  in cui  due donne con i loro bambini morirono di parto.

Il primo riguardò zia Rosina Gallicchio, moglie di zio Rocco La Camera  deceduta il 22/01/1956 all’età di 36 anni, il secondo interessò sua cugina  Rosina Gallicchio, moglie di Domenico La Camera puntiddo deceduta  il 04/08/1977 all’età di 35  anni, in questo ultimo caso neanche l’intervento al suo domicilio  del dr Tepedino ginecologo dell’Ospedale di Chiaromonte ebbe successo.

zia Angelina Cristiano
Zia Angelina Cristiano con le figlie Giovannina e Antonietta

Nel 1952 morì nell’immediato post partum zia Angelina Cristiano, prima moglie di zio Gennaro, per una cefalea improvvisa legata verosimilmente ad un evento tromboembolico o alla rottura di un aneurisma cerebrale. La figlia Angelina nacque sana e fu allattata da una nutrice di Varco soprannominata la lainara. A questa mamma di latte la famiglia di zio Gennaro fu sempre grata e riconoscente e costituì per sempre un vincolo affettivo forte per Angelina.

Mia nonna Rosa Fiore era una donna pia e buona , ma molto superstiziosa , leggeva nelle striature rosse e gialle molto accese del tramonto del sole dei segni che dal cielo raggiungevano gli uomini e comunicavano loro la comparsa di eventi funesti.. La sera prima della morte di zia Angelina, la pigula cantò con mestizia per qualche ora sul ciliegio posto di fronte alla casa di zio Gennaro, era quello, secondo nonna, un annuncio di eventi avversi per la famiglia. La civetta o pigula è un uccello notturno Il cui canto cimiteriale è presagio di morte, di sventura. In Grecia la pigula è simbolo di portafortuna ed il suo canto è sacro ad Atena. Da noi indica anche una persona Iettatrice, pessimista, lamentosa.

La gestione del parto nelle nostre case era un momento particolare, i bambini erano allontanati o relegati in cucina, si respirava uno stato di agitazione, di ansia, di trepidazione, sul fuoco c’era sempre il caudarieddo1 con l’acqua bollente per sterilizzare oggetti e panni utili per il parto , utilizzati dalla mammana e dalle donne esperte del parentato, si attendeva per ore il lieto evento e tutto si bloccava in casa in un’atmosfera  rarefatta  e con la paura che insorgessero delle difficoltà.

Le doglie si manifestavano con lamenti da parte della partoriente, che si udivano anche dalla strada.  La comunità delle donne di famiglia gestiva il parto, gli uomini non partecipavano attivamente, ed attendevano con ansia il lieto evento lontani dalla stanza da letto, o in abitazioni di parenti, alcuni non interrompevano, per necessità, il  lavoro nei campi, in montagna, nei cantieri. La nascita di un maschietto era annunciata alla comunità  con tre colpi di fucile, quella di una femminuccia con due colpi e la gioia all’improvviso esplodeva e raggiungeva ogni angolo del nostro villaggio. Alla puerpera si facevano piccole attenzioni per aiutarla a recuperare le forze, si regalavano galline e piccioni per il brodo di carne, ma non sempre andava così !!!!

La gravidanza era spesso un problema perché limitava la capacità lavorativa della donna, si lavorava in casa o nei campi fino al momento del parto.

Mia nonna Rosa Fiore mi raccontava  che la sua ultima figlia Palmina nacque a Policoro nel feudo del Barone Berlingieri  il 18/03/1951. In preda alle doglie, mentre si trovava nell’anta2 , le fu impedito dal suo  caporale3 di poter abbandonare il lavoro.

Cumpa Arturo un caporale, nostro compaesano, della compagnia4 vicina, sentì il colloquio, intervenne , mediò  a favore di nonna e le permise di abbandonare l’anta. Dopo aver percorso a piedi  con sofferenza 7-8 km, sorreggendosi il ventre con le mani, raggiunse la casedda dove abitava e dopo qualche ora partorì spontaneamente con l’aiuto di altre donne.

 La casedda5 stanzone unico concessa dal barone ai braccianti della montagna, ospitava 3-4 famiglie che vivevano in promiscuità, le galline dormivano di notte sotto il letto. Gli spazi erano delimitati da lenzuola, da pezzi di stoffa, che permettevano un minimo di riservatezza specialmente alle giovani donne. Lungo una parete interna della casedda o del casone c’era un grande e rudimentale  camino in pietra poggiato su colonne e le famiglie disponevano, ognuna, di un piccolo fuoco per cucinare

Legate al parto erano, per me bambino negli anni 50-60, le tante uova che, forse, venivano date all’ostetrica Angela, moglie dell’avvocato Rizzo di Viggianello. Il mio convincimento era che fossero necessarie, assieme all’acqua bollente del paiolo, per la nascita dei bambini, in verità le uova  erano utilizzate  per fare i dolci

A proposito del parto a domicilio  anche la mia nascita avvenne nel 1954 a Conocchielle in via Rauta con l’aiuto di nanna Ncicca, mammana esperta in quegli anni 50, con lunga esperienza sul campo. Il parto durò molte ore, fu molto cruento, con abbondanti perdite di sangue della mia mamma e con difficoltà importanti  date dalla mia macrosomia, pesavo circa 6 Kg, e da una verosimile presentazione anomala del capo nel canale del parto.

Le mani  di nanna Ncicca , nel tentativo di trazionarmi per  farmi uscire, frugarono per ore all’interno della mia bocca non chiaramente identificata, lacerando le labbra, la lingua ed altri tessuti. Dopo moltissime sofferenze venni alla luce, nonostante l’aiuto della mammana. Le mie labbra erano lacerate, il volto era enormemente tumefatto, cianotico  per l’ipossia, gli occhi non erano visibili a causa dell’edema delle palpebre .

Zia Nuziata De Marco presente alla mia nascita, zio Francesco ed altre persone che si erano avvicinate al letto mi videro poggiato sul ventre di mia madre, rimasero turbati e le consigliarono di non far legare il cordone ombelicale a quel figlio deforme, con i contorni del viso poco riconoscibili. Mamma in quel trambusto fatto di paura, di disperazione, di pianto, inarcò la sua schiena, protese la testa in avanti, mi guardò, mi abbracciò,  si commosse e urlò prima di collassarsi per l’emorragia e perdere conoscenza: “guai a voi se non legate il cordone a mio figlio, l’avete ridotto voi in queste condizioni, mio figlio non è un mostro” !!!! Ed eccoci qua dopo 70 anni sono ancora in vostra compagnia, gli anni hanno riparato i guasti fatti dalla mammana, ma ne hanno aggiunto altri.

  1. paiolo di rame con superfie interna rivestita di stagno antiaderente ↩︎
  2. Luogo di lavoro agricolo all’aperto ↩︎
  3. Persona che reclutava abusivamente nelle campagne i poveri braccianti e li metteva, lucrandoci sopra, a dispoisizione dei proprietari agricoli ↩︎
  4. squadra di donne ingaggiate e sfruttate dal caporale nei lavori agricoli ↩︎
  5. Ambiente disadorno unico per 3-4 famiglie concesso ai braccianti dal Barone: il casone era più grande ed era per le famiglie più numerose ↩︎