La pita ed il falò a Conocchielle
Il falò di San Giuseppe – 19 Marzo – e di San Francesco di Paola – 2 Aprile –
In quelle occasioni si accendeva con le fascìne1 davanti alla cantina di zu Ruoccu un grande falò – faònë – , sotto la cenere ricoperta dalla brace si arrostivano le patate tagliate a metà e salate. Nei paraggi si issava l’albero della cuccagna – Pita – fatto con un grosso albero di faggio o di pioppo alla cui estremità si attaccava la cima di un abete – rocca –
Alla rocca erano appesi salsicce, sopressate, taralli, caramelle, barrette di cioccolato e nastrini colorati. I più giovani cercavano di arrampicarsi sulla pita, resa viscida da uno strato di sapone, per arrivare in cima alla rocca ed arpionare qualche prodotto. Alla fine della serata i cacciatori staccavano a fucilate il salame rimasto sulla rocca. Le donne preparavano biscotti e grandi frittate con le uova offerte da tutta la comunità e con il salame della rocca. Si scherzava, si rideva fino a tarda notte tra amici e parenti in un’ atmosfera allegra e spensierata, spesso si ballava, si cantava al suono della fisarmonica, dell’organetto o dell’armonica a bocca di Saverio La Camera monti.
Non mancavano le liti tra i festaioli causate dalle abbondanti bevute di vino e/o di birra specialmente durante la preparazione delle fascine e della pita ad opera dei soli maschietti, che avveniva qualche giorno prima nel bosco. Al trasporto delle fascine partecipavano anche le donne.
L’aria della festa si diffondeva nel villaggio e ci inebriava, i bambini saltavano e ruzzolavano felici sulle fascine. il fuoco bruciava con un dolce e vivace crepitio i rami verdi dello sparto2 e rischiarava i volti e la piazza, lingue capricciose di fumo bianco ci inseguivano e ci allontanavano dal falò con gli occhi socchiusi e riparati dal palmo della mano
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Le feste del falò annunciavano l’arrivo della Primavera e l’aria fredda ed umida dell’inverno scemava al ritorno del tiepido e leggero zefiro di Pimavera. Zefiro torna e ‘l bel tempo rimena – Petrarca –
Anche la natura si univa alla festa del falò, ritornavano il canto del cuculo, i profumi ed i colori delle primule e delle viole, gli alberi si adornavano di foglie e di gemme ed i ruscelli rumoreggiavano con le abbondanti e fredde acque nevose, che fluivano a valle nei fossi e nei fiumi
Delle festività di San Giuseppe e di San Francesco non vi erano segni religiosi forti nella festa della Pita. il rito simile ad un baccanale diluiva e sostituiva la festa religiosa. Di tanto in tanto durante la preparazione delle fascine e della pita in coro si gridava : evviva san Francesco !!! evviva San Giuseppe !!!! Non era il santo a dare colore e calore alla festa ma le allegre libagioni. Per gli studiosi il rito arboreo della pita è un rito simbolico della fecondità in cui l’elemento maschile costituito dalla pita, si sposa con la rocca, l’elemento femminile.
- Fascina/sf. Fascio da ardere di ginestre fresche o secche o di altri rametti, legato con corde o con rametti flessibili ↩︎
- Sparto/ sm. Ginestra ↩︎