L’aldilà: Tatà, Sciushco e la fiammella

Questo racconto a sfondo animistico riguarda mio padre Nicola Propato e suo zio Antonio Maratea, detto Sciushco, che perse il suo unico figlio Vincenzo, forse, per difterite all’età di 18 anni.

Nella guerra del 40 la miseria, la fame arrivarono anche nelle nostre contrade. L’approvvigionamento del cibo e di materie prime avveniva di notte con muli, cavalli ed asini, che raggiungevano i paesi vicini, oppure attraverso la scala di Gaudolino raggiungevano Morano, Castrovillari ed altri paesi della Calabria del Nord.

Una notte, di ritorno da Viggianello, dove mio padre e Sciushco erano andati a fare un carico di ghianda per i maiali, mentre percorrevano la mulattiera che attraversava l’altopiano della Serra, e li portava, passando per Ncinciaredda, a casa, scorsero una luce, che li seguiva ad altezza d’uomo come una piccola fiammella, che rischiarava la strada.

Famiglia Sciushco con il nipote Francesco Propato

Nel buio pesto della notte, non illuminata dal chiarore della luna e dalle stelle, la fiammella indicava il cammino, scandendo il loro passi affaticati ed esaltando il rumore metallico degli zoccoli ferrati delle bestie, in un’atmosfera diventata surreale. Si astennero dal parlare per molti minuti, entrambi seguivano la fiammella e tacevano, con i battiti accelerati ed il respiro corto e frequente.

Il silenzio fu rotto da mio padre, che invitò lo zio ad osservare la strana luce, zio Antonio, dopo poco, inspirando profondamente e rumorosamente, con voce tremula disse: “Nicò nun’ avè paura, quista iè l’anima ‘i figghiu miu ca n’accumpagna”.

Si approssimavano, intanto, ad un crocevia ed all’improvviso, così com’era apparsa, la fiammella sparì, il buio tornò sovrano ed un’amara lacrima rigò il volto scavato del vecchio ed arcigno zio, che asciugò lentamente con un polveroso fazzoletto.